yoga41YOGA

Lo Yoga, secondo la definizione dell’Enciclopedia Treccani, è una “Disciplina psico-fisiologica indiana basata su una vasta gamma di tecniche ascetiche.

Lo Yoga cosiddetto classico, costituì uno dei  sei sistemi filosofici indiani, denominati in sanscrito ed è strettamente collegato al Samkhya; tuttavia, proprio per la sua natura tecnica, esso è piuttosto un supporto per i vari sistemi filosofici. Lo Yoga offre gli strumenti per sottomettere al dominio della coscienza i processi psichici e fisiologici che si svolgono normalmente fuori di essa, al fine di risvegliare quella potenza nascosta nel substrato psichico, per mezzo della quale si realizza tale reintegrazione. In questo senso Yoga può essere inteso anche come ‘riunione’ tra l’uomo e il cosmo individuato, che insieme si trasfigurano così nell’Universo trascendente.

E’ difficile, se non impossibile, dire quando è nato; secondo A. Danielou indizi della sua esistenza risalgono già all’epoca preariana, nella civiltà dravidica, e sono rintracciabili nell’Atharvaveda; ma è nelle Upaniṣad che esso compare come termine indicante una ‘tecnica’; infine viene codificato negli Yogasutra di Patanjali nel II o III secolo a.C.

Il praticante (yogin) segue un percorso didattico che si articola in otto fasi denominate in sanscrito anga. 

Le prime due sono propedeutiche e sono costituite da:

  • Yama: le astinenze – etica
  • Niyama: le osservanze – comportamento

Con gli anga successivi si entra nello Yoga come viene conosciuto per lo più in Occidente. 

  • Asana: le posture del corpo
  • Pranayama: il controllo del  respiro
  • Pratyahara: il controllo  dei sensi dagli oggetti esterni
  • Dharana: la concentrazione
  • Dhyana: la meditazione
  • Samadhi: il raggiungimento di uno stato di coscienza superiore.

 A seconda delle tecniche impiegate si classificano vari tipi di Yoga. Ma, al di là delle classificazioni accademiche e delle disquisizioni storiche, ciò che interessa un occidentale in generale, che si accosta allo Yoga per ricavarne dei  benefici,  è la risposta ad alcune domande fondamentali:

1) Lo Yoga, disciplina nata e praticata in India in un contesto culturale, religioso, antropologico ben preciso, può esser praticabile in Italia, ed in genere nel resto dell’Occidente? In altri termini: lo Yoga è universale oppure è fruibile soltanto dagli indiani, eredi di quella cultura e civiltà?

2) Perché la civiltà occidentale, pur derivando da quella indo-europea, ha perso le discipline ascetiche dello Yoga e sembra, a primo acchito, irriducibilmente differente da quella indiana, avendo intrapreso un percorso scientifico-tecnologico, una struttura sociale ed una organizzazione economica completamente diversi?

Alla prima domanda si può rispondere positivamente: lo Yoga è una disciplina universale, praticabile anche in Italia e nel resto dell’Occidente, per il semplice fatto che tutto il genere umano ha un corpo ed una mente.

Lo Yoga è una disciplina  praticabile da tutto il genere umano.

La seconda domanda è molto più complessa anche perché le assonanze tra la civiltà indiana e quella occidentale sono più numerose delle differenze.

In primo luogo ciò che accomuna le due civiltà è l’uomo con la sua ricerca del senso della vita, la felicità, la bellezza, la giustizia, l’amicizia, la verità, la soluzione dei problemi ambientali, economici, sociali.

Il detto socratico ”conosci te stesso” riecheggia il precetto yogico dello svadyaia previsto dal secondo anga (niyama).

La ricerca della felicità (eudaimonia) è una costante nella filosofia greca sia classica che ellenistica; Aristotele ed Epicuro dedicano pagine magistrali a tale concetto. Lo stesso avviene nella filosofia romana: chi non ricorda Cicerone, Seneca, Marco Aurelio? Anche la filosofia cristiana, soprattutto San Tommaso d’Aquino, aveva identificato il fine della vita nella felicità, il sommo bene, che consiste nella contemplazione di Dio e nella riconquista dell’Eden perduto.

Tale tema è presente nell’Induismo, infatti il primo dei tre attributi di Dio è Ananda, la beatitudine.

La classificazione dei tre stadi dell’esistenza (stadio estetico, etico e religioso) in S. Kieerkegard richiamano i quattro sensi della vita codificati dall’Induismo.

La riflessione sul concetto di coscienza e consapevolezza  percorre gran parte della filosofia occidentale. Sant’ Agostino d’Ippona, privilegia i concetti di interiorità, verità, illuminazione divina, consapevolezza del presente come unica dimensione temporale esistente rispetto al passato o al futuro. La coscienza e la consapevolezza di sé, l’intuizione, l’illuminazione, sono da sempre presenti nello Yoga e nella cultura indù: la pratica della meditazione (Dhyana), il superamento del pensiero logico-discorsivo, l’apertura del terzo occhio con la protezione del dio Shiva, sono stati dei punti di riferimento costanti per lo yogin.

La differenza fondamentale fra la civiltà indiana e quella occidentale consiste nel differente approccio; cioè, mentre la civiltà occidentale si limita ad affrontare tali tematiche da un punto di vista esclusivamente teorico, la civiltà indiana, con lo Yoga, affianca all’approccio teorico una realizzazione pratica, una didattica chiara e sistematica basata sugli Yogasutra di Patanjali, una ricchissima letteratura; inoltre, cosa più importante, la civiltà indiana offre maestri e guru altamente qualificati che conoscono lo Yoga  dall’interno essendo nati, socializzati e cresciuti con tale cultura.

Uno dei più conosciuti è JAMUNA MISHRAyoga4